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Ogni sabato in diretta dalle 12.00 alle 13.00 su www.neuradio.it, va in onda Indi(e)pendenze, un programma a cura di Matteo Maioli, come contenuto esclusivo per lo streaming in collaborazione con gli amici riminesi di Radio Casotto.

Se te lo sei perso, clicca sul titolo per ascoltare le puntate andate in onda a febbraio!

Indi(e)pendenze w/Matteo Maioli - Esclusiva Matt Gray (3 Febbraio 2024)

A Indi(e)pendenze ospitiamo Matteo Cincopan, cantautore e chitarrista bolognese titolare di progetti come Le Frequenze di Tesla e ultimamente Matt Gray di cui presentiamo l’EP “Already Naked” uscito per Locomotiva. In scaletta anche gli imprescindibili Wilco e Paul Weller, oltre a novità da Ty Segall, Liam Gallagher & John Squire e The Umbrellas.

Indi(e)pendenze meets Kalporz - Gennaio/Febbraio 2024 (17 febbraio 24)

Riparte la liaison tra Indi(e)pendenze e la webzine musicale Kalporz: nella prima edizione del 2024 abbiamo ospite Giuseppe Gualtieri, che oltre a collaborare con il sito gestisce l’A&R per la milanese Needa Records. In scaletta gli ottimi nuovi singoli di Four Tet e Justice feat. Tame Impala, gli esordi di Tapir! e Junodream e graditi ritorni, da Laetitia Sadier degli Stereolab ai sempre più convincenti The Smile formati da Thom E. Yorke e Jonny Greenwod dei Radiohead.

 

Indi(e)pendenze w/Matteo Maioli - Alt-Pop per l'inverno 2024 da Triste Sunset (24.02.24)

Oggi a Indi(e)pendenze approfittiamo della presenza di Francesco Giordani, firma di Triste Sunset, per suonare i brani alt-pop che più ci hanno tenuto compagnia negli ultimi mesi come Brigitte Calls Me Baby, Radio Free Alice e The Last Dinner Party; in più un nuovo capitolo per l’omaggio alla Sarah Records di Under The Bridge, il ritorno dei latinensi Black Tail e My Life Story e uno sguardo all’America tra giovani rampanti (Packs) e miti inossidabili (Grandaddy).

 

Tutte le settimane, all’interno di Portico, i nostri redattori musicali selezionano una novità discografica che li ha particolarmente colpiti.

Ecco il riassunto dei dischi del cuore di NEU RADIO di febbraio.

Leggi le recensioni e ascolta il podcast per scoprire direttamente dalla loro voce la recensione e gustare un brano del disco.

Laurent Fintoni - All Tomorrow's Archives
Karriem Riggins - To The Jungle 

Considerando quanto Madlib ha preso dalla tradizione di library music per il suo lavoro nel corso degli anni, non è una sorpresa che un giorno si dedicherà a pubblicare album ispirati proprio al stesso stile. La serie Madlib Invazion Music Library porta avanti questa orgogliosa tradizione, con il contributo di vari musicisti e produttori che hanno una sorta di collegamento diretto con Madlib. L'ultima è di Karriem Riggins, un ambasciatore di Detroit e probabilmente uno dei batteristi più interessanti in circolazione oggi. Si tratta di circa 20 tracce di fuoco ritmico, scarabocchi di batteria e ritmi spezzati. Super stile.

Gabriele Savioli - Poptones
BLACK GRAPE - ORANGE HEAD

Tornano un po’ in sordina i Black Grape, la creatura di Shaun Ryder e Kermit nata nella metà degli anni 90 in seguito allo scioglimento degli Happy Mondays. Il nuovo album Orange Head esce a 7 anni di distanza dal precedente Pop Voodoo, il disco del ritorno sulle scene per la band di Manchester. Si tratta di un lavoro a tratti più cupo e intimo rispetto al taglio danzereccio al quale i Black Grape ci avevano abituato, probabilmente la presenza di Youth al basso ed in cabina di regia, ha contributo ad accentuare le atmosfere dark trip-hop che avvolgono l’intero lavoro. Pur mancando in questo Orange Head un titolo o due da singolo, i brani irresistibili che avevano caratterizzato il primo disco per intenderci, rimane il marchio di fabbrica dei Black Grape: quel suono che arriva dritto dal funky anni ’70 mescolato a ritmi hip-hop, con effusioni a tratti latine e qualche evocazione morriconiana. Il tutto accompagnato dal rantolo stonato ma irresistibile di Shaun Ryder e dal toasting di Kermit. Al di là del debole riscontro commerciale che avrà questo lavoro, il fatto che il duo sia ancora in pista ed in grado di produrre musica di questo livello ancora oggi, è già un grande successo

La Betta - Paradisco

Marco Castello - Pezzi della sera

Marco Castello, nonostante la giovane età, si conferma grande raccontatore di storie, nonché talentuosissimo musicista polistrumentista.Nel 2021 con la raccolta Contenta tu ci aveva messo tra le mani un album di fotografie adolescenziali: la gita, la scuola, i cazzi disegnati sul diario, il catechismo. In Pezzi della sera i paesaggi non sono cambiati, ma se potessimo misurare un album esattamente come si misura l'altezza di un ragazzino che cresce, scopriremmo che Pezzi della sera ha distanziato di parecchi centimetri il precedente. L'evoluzione è suggerita in primis dal titolo della prima traccia, in cui Castello sembra prenderci in giro sostituendo una sola lettera: Porsi diventa Porci, il primo è un infinito, mentre il secondo è un groviglio di corpi luminosi e palpitanti. La Sicilia -"isola scaduta"- e il Mediterraneo continuano a manifestarsi in ogni verso, così scorrendo le 10 tracce incontriamo Polifemo, Aretusa coi delfini e la Madonna delle cosce e delle mutandine. Un erotismo un po' selvaggio e brutale, tipico della giovinezza,  penetra nelle orecchie, ma anche negli occhi, grazie ai gelsomini notturni che affollano la copertina. Pezzi della sera è una raccolta di visioni italiche e italiane che non riesci a smettere di ascoltare. Importante la partecipazione di tre grandi musicisti: Lorenzo Pisoni al basso, Stefano Ortisi al sax e Leonardo Barsalona alle tastiere. L'album è prodotto dall'etichetta indipendente Megghiu Suli, fondata da Castello stesso. Buon ascolto!

 

Enzo Baruffaldi - Memoria polaroid - un blog alla radio

Real Estate - "Daniel" (Domino Records, 23 febbraio 2024)

Questa recensione non è per tutti: è dedicata soltanto agli ascoltatori che si chiamano Daniela, Daniele, Daniel, Dan e così via. Ok, non è vero, ma è un po’ quello che, a un certo punto, sembrava stessero dicendo i Real Estate a proposito di questo loro nuovo album: tutto ruotava intorno al nome Daniel da cui – senza motivo apparente – la raccolta prende il titolo.
Messa da parte l’impressione che ci fosse dietro qualche inside joke tirato un po’ troppo per le lunghe, il sesto album della band del New Jersey si rivela una deliziosa combinazione di nostalgia, introspezione e un tocco di crisi di mezza età. In queste undici canzoni si ritrova, al tempo stesso, la tipica disinvoltura di una band oramai matura, che ha messo a punto una formula sonora immediatamente riconoscibile, ma anche la voglia di imprimere nuova freschezza al proprio suono agrodolce. Ed ecco quindi strati di synth dal sapore vintage che si aggiungono alle classiche jangling guitars; ecco canzoni che si stendono verso un crepuscolo country; ecco un romantico calore che avvolge alcune delle tracce più belle, come Victoria o la ballata Interior. I temi dell'album, racconta il cantante Martin Courtney, ruotano attorno al diventare adulti, al disagio esistenziale che galleggia sempre sotto la superficie della quotidianità, e alla ricerca di qualcosa che riesca a non farci perdere in un mondo sempre più a pezzi. Insomma, un po’ le stesse cose che deve affrontare una band che
abbia superato i 15 anni di carriera. Non a caso, le melodie solari e i ritmi languidi da pomeriggio estivo suburbano, che da sempre contraddistinguono la musica dei Real Estate, vengono ogni tanto attraversate da brividi psichedelici e dubbi sul
futuro. Un po’ come se la band avesse riconfigurato il proprio DNA, passando da una genealogia Byrds-REM a una più imparentata con Neil Young e i Grateful Dead. Sarà forse soltanto un modo per ringiovanire, per dare quel tocco di
nevrosi e paranoia che aiuta a mantenere la vita di tutti i giorni più interessante?